padre Jens nella chiesa del suo monastero con dei rifugiati cacciati dall'ISIS. (Foto: ACN)
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Instancabile promotore del dialogo tra cristiani e musulmani nel suo monastero a Sulaymaniyah, nel Kurdistan iracheno, non lontano dal confine iraniano, il monaco zurighese Petzold era in Svizzera.
Testo: Jacques Berset - Traduzione Lisa Bigatto
Jens Petzold ha visitato alcune parrocchie di Zurigo e Winterthur dal 17 al 19 maggio su invito di «Aiuto alla Chiesa che Soffre». Dal 2012 padre Jens, guida la comunità monastica caldea cattolica Deir Maryam al-Adhra (monastero della Vergine Maria) a Sulaymaniyah, Kurdistan iracheno, nel quartiere storico di Sabunkaran, noto come il «quartiere dei fabbricanti di sapone» e risalente alla fondazione della città nel 1784. Jens Petzold testimonia, in questo agglomerato urbano di due milioni di abitanti, la sua volontà di «costruire un ponte tra le religioni». In questa città, dove la maggior parte della gente parla il curdo sorani, il monaco zurighese lavora per far sbocciare un futuro di convivenza tra i giovani adulti musulmani, cristiani, yazidi, arabi, curdi e rifugiati siriani, «poiché saranno loro a governare domani».
padre Jens Petzold davanti alla chiesa di san Pietro e Paolo à Winterthur (Foto: ACN)
Sulaymaniyah, capitale culturale del Kurdistan, città di letteratura, artisti, intellettuali, è una città aperta, dove i cristiani si sentono al sicuro e non sono affatto minacciati. La maggior parte della popolazione è di fede islamica sufi, mentre nelle campagne si contano più salafiti e membri dei Fratelli musulmani. Questi ultimi rimangono tuttavia una minoranza rispetto all’Islam tradizionale, che non è estremista.
La comunità cristiana è composta da circa 800 cristiani locali, tradizionalmente di lingua araba, che vivono lì da molto tempo, e da circa 400 cristiani iracheni arrivati tra il 2003 e il 2014 a seguito della guerra, senza contare un numero quasi uguale di cristiani convertiti nei gruppi evangelici. Si contano anche da 400 - 500 cristiani immigrati provenienti dall’Asia e dall’Africa. Sono operai, collaboratori domestici, infermieri, ingegneri provenienti dalle Filippine, dall’India, dal Pakistan ma anche dall’Eritrea e dall’Etiopia, così come alcuni cristiani copti egiziani. A questi si aggiunge un certo numero di cristiani occidentali.
Nel 2014, il monastero aveva accolto 250 rifugiati cristiani, provenienti in particolare da Qaraqosh, località siro-cattolica e da Bartella, popolata principalmente da cristiani siro-ortodossi, dopo la conquista dei villaggi cristiani nella piana di Ninive da parte dei terroristi dell’ISIS, «lo Stato islamico».
padre Jens Petzold nel suo monastero in Iraq durante la cerimonia di consegna dei diplomi (Foto: ACN))
«Questi ultimi sono in parte rientrati nei loro villaggi, altri si sono stabiliti ad Ankawa, il sobborgo cristiano di Erbil, capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno. Un terzo è emigrato in Australia, in Canada, negli Stati Uniti...Molti di coloro che sono tornati a Qaraqosh cercano di emigrare: non vedono un futuro per i propri figli, vogliono una scuola migliore per loro, per non parlare dei problemi di sicurezza e, soprattutto, sono confrontati sul piano economico con un enorme tasso disoccupazione nascosta...», racconta padre Jens.
Mancano posti di lavoro e quindi mancano le prospettive per la popolazione giovane. Nella regione, le squadre che lavorano alle trivellazioni petrolifere sono spesso composte da stranieri che non entrano nemmeno in città. «I giovani, per poter lavorare, hanno bisogno di un’economia diversificata, che non dipenda soltanto dall’esercito o dall’amministrazione. La situazione è un po' cambiata, alcune aziende si stanno insediando, ma ciò non è ancora abbastanza», afferma il religioso zurighese.
Nel 2017, il monastero Deir di Maryam al-Adhra ha aperto una scuola di lingue per permettere ai rifugiati nel Kuridstan iracheno di imparare il curdo. La scuola, nel corso degli anni, si è sviluppata notevolmente. Ora insegna l’arabo, il curdo e l’inglese. Una squadra di 38 persone – professori, segretariato, amministrazione – offre, tra l’altro, dei corsi online proposti dall’Œuvre jésuite internationale Jesuit Worldwide Learning JWL con sede a Ginevra.
padre Jens Petzold suona il flauto traverso durante la Santa Messa nel suo monastero di Sulaymaniyah (Foto: ACN)
«Circa 2000-3000 persone ogni anno vengono al monastero per partecipare a questi corsi e molte poche persone tra queste sono cristiane...Da noi vengono tutti: prevalentemente musulmani sunniti, siriani, curdi, ma anche membri di minoranze come gli yazidi, i sabei e i bahá'í. Questa mescolanza è voluta, studiamo insieme, vogliamo abbattere le barriere. Oltre ai corsi di lingua, abbiamo anche creato dei programmi sulla gestione e sul processo decisionale», spiega Jens Petzold.
Per i rifugiati questi corsi forniscono loro gli strumenti indispensabili per integrarsi nella città che li accoglie, consentendo loro di sperare di trovare un lavoro. «Rispondiamo anche alle esigenze pastorali della piccola comunità cristiana locale. Siamo inoltre attivamente impegnati nella promozione del dialogo tra musulmani e cristiani», afferma padre Jens con orgoglio.
Il monaco zurighese ritiene che il contributo più importante del monastero risieda probabilmente negli incontri informali che favorisce. «Bere il tè insieme è probabilmente molto più efficace per consolidare la pace rispetto a lunghe discussioni sui diritti umani, questa è la mia convinzione personale». In laboratori di teatro multietnici, multilingue e multireligiosi, ai quali partecipano sia curdi sia arabi, contribuiscono alla «convivenza». I partecipanti al teatro stanno preparando un adattamento libero delle Metamorfosi di Ovidio per il prossimo autunno e stanno programmando una tournée in diverse città dei Kurdistan iracheno.
Oltre ai corsi, padre Jens organizza anche campi estivi per bambini e giovani cristiani a Sulaymaniyah e può contare sull'aiuto di «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)». In passato, l'Opera caritativa ha ricostruito migliaia di case di famiglie cristiane distrutte dall’ISIS nella piana di Ninive e ha ristrutturato chiese, canoniche e monasteri distrutti intenzionalmente dagli islamisti. Oggi «Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACN)» in Iraq contribuisce alla gestione dell’unica università cattolica di Erbil. L’Opera caritativa finanzia anche le rette scolastiche per gli studenti e gli alunni cristiani più poveri e sostiene i sacerdoti con donazioni per intenzioni di S. Messe e le suore con aiuti per il sostentamento.
4 studenti cattolici dell'Università Cattolica di Erbil possono studiare grazie all'aiuto di ACN (foto: ACN)
Con la vostra donazione date speranza ai cristiani iracheni e allo zurighese padre Jens Petzold. Sostenete programmi educativi che offrono prospettive ai giovani e assicurano loro un futuro. Il cristianesimo è praticato in Iraq da quasi 2000 anni. Mentre nel 2003 vivevano ancora nel Paese circa 1,5 milioni di cristiani, oggi se ne contano solo 150 000. È quindi importante sostenere i cristiani rimasti in loco. Grazie per contribuire a garantire un futuro al cristianesimo in Iraq.
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